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Per un “Born in the Fifties” come me, tutto è cominciato all’inizio degli anni ’70: la consapevolezza della “vera” musica (in precedenza acquistavo solo 45 giri con le hit di Sanremo o li acquistavano genitori e parenti per me... ) è arrivata verso i 15 anni, per merito del mio amico Emilio che mi trascinò nel primo negozio di musica in cui mettevo piede. Si trattava di Ricordi, un bellissimo e ampio negozio che affacciava sulla splendida Piazza Venezia a Roma. Insieme a Consorti si divideva la maggior parte del mercato romano e in entrambi la caratteristica saliente era costituita da una serie di cabine in cui potevi ascoltare il disco prescelto. Nel caso di Consorti il disco te lo mettevano e tu lo ascoltavi in cuffia. Da Ricordi, che offriva in quanto editore musicale anche uno straordinario catalogo di spartiti musicali utili per chi, come me, strimpellava la chitarra, erano disponibili una serie di cabine di vetro dove entravi con il tuo disco, vi posavi nei solchi la testina e ti godevi la musica. Il mio primo LP fu Led Zeppelin II. Le alternative per conoscere la musica erano poche: alla sera come carbonari aspettavamo con ansia le trasmissioni in onde medie di Radio Montecarlo! Su carta, però, erano in arrivo media più specializzati della dimensione pop scelta da Ciao 2001...
A cavallo tra questi anni e la nascita delle radio libere foriere di un nuovo universo musicale lontano dalla paludata offerta della TV di Stato, ho svolto il mio apprendistato formandomi un’opinione, organizzando le mie scelte e il modo di perseguirle. La soluzione regina era una sola: la visita al negozio di Carù a Gallarate, unico fornitore di musica “di esportazione”, come si chiamava allora tutto ciò che non veniva stampato in Italia, ed era la maggior parte della musica. Condividevo l’avventura con il mio amico Stefano che, pur di famiglia non particolarmente abbiente, vantava un consumo parossistico in fatto di dischi; a casa sua ce n’erano in ogni dove: sotto il suo letto, sotto quello del fratello, persino al bagno!
Sulla Roma-Milano-Varese e ritorno si consumavano le nostre piccole avventure: la follia di partire senza prenotazione (di vagone letto nemmeno a parlarne!) e, a volte, senza nemmeno il posto a sedere, per un viaggio che durava oltre sette ore, non di rado con almeno una tratta di notte. 10.000 lire il costo della tratta, 80/100.000 quel che spendevamo noi in dischi che allora costavano 2/3.000 lire: più che per un frigorifero! Tornavamo ebbri, felici e terrorizzati dall’aver dilapidato una fortuna, stringendo i dischi giusti, quelli che solo noi...
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